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La fanciulla senza mani

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Oh, fanciulla,

il diavolo non riuscì

a toglierti il tuo cappello di bambola

come quello delle zitelle alle messe serali

e tuttavia

una specie di cattiva stella

ti costrinse a tagliarti le mani,

per metterle sott'olio

accanto alle conserve.

 

E andasti avanti

come un manichino dei grandi magazzini

e tuo padre che aveva molto senso pratico

decise che era giusto comprarti anche i pattini

a rotelle,

perchè la meccanica può essere una sana abitudine.

 

E tu camminasti da nord a sud,

da est a ovest come in filodiffusione...

 

Oh, fanciulla senza mani!

Eri così pia

che ti ci voleva la bombola dell'ossigeno

e il maniglione antipanico

per le forti emozioni,

molto più che ai missionari,

così ti muovesti nel circondario

vuota come le tasche di tuo padre,

prima che accontentasse il diavolo.

Prima che ti tagliasse le mani.

 

Ma il re ti vide,

affamata come una lepre nel suo giardino

e poiché i re prendono quello che vogliono

per decreto divino,

ti prese come un pacco da regalo

con un piccolo difetto di fabbrica.

 

E tu ti muovesti nel castello

vuota come una barbie

o come il mondo prima del big-bang

o come il buco nell'ozono,

sempre onorando il re come tuo padre

o come il dio buono che gli diede vitto

e alloggio in cambio di due mani di inutile fanciulla.

 

Così, ricordando il fidanzatino di paese

come certe cose inconsistenti

che hanno tuttavia il pregio di emettere un bagliore

come le lucciole in estate,

chiamasti il diavolo

e quello disse: 'vediamo che si può fare'.

 

E siccome il diavolo gode molto

a confondere ciò che è già confuso dall'ordine,

ancora vagasti,

fino a una piccola cellula gestita alla maniera

di un centro estetico.

 

Avevi con te il tuo piccolo bruchino,

che avevi chiamato Addolorato

per non illuderlo sul destino.

 

E fu lì,

In quella dimora fungo nascosta nella neve

che ti crebbero le mani.

Ma il re riuscì a trovarti

e faceste una seconda cerimonia

sfarzosa come i matrimoni pugliesi,

poi egli fece alle tue vecchie mani

un'urna con un basilisco

per i giorni di noia,

 

e aprì un tiket office

e nella reggia museo

vennero tanti visitatori

da tutto il mondo

come ai Vaticani

 

e il re potè commuoversi

e spalare un po' il ghiaccio dal cuore

al ricordo dei vostri primi incontri,

persi in tempi ormai lontani

in cui tu

non avevi le mani.

 Elisa Mazzieri - 04/12/2023 06:38:00 [ leggi altri commenti di Elisa Mazzieri » ]

Trovo il mio personale perno, nella lettura di questa tua notevole narrazione in "la meccanica può essere una sana abitudine".
Ci ritrovo, invertita, la versione ante censura di "Scarpette rosse".
In effetti, il riferimento ai pattini e all’andirivieni richiama la fine disgraziata della protagonista.
In questa tua lirica, non c’è spazio per l’amore, tuttavia neanche per un dolore dilaniante.
Il re prende, la preda adorante è preda adorante ma non rassegnata eppure, sembrerebbe, senza scampo quando "vuota si muove nel castello..." e quando il re la ritrova e la "espone"
E così il re può ( o piuttosto deve? - commuoversi) al ricordo del prima.

Perdonami l’interpretazione che parte da un assunto del tutto personale, ma se la poesia appartiene anche a chi legge, io scorgo qui una meravigliosa e eterna storia drammatica venata di ironia e critica pungente in tre atti

Grazie moltissimo per i tuoi versi
Con stima
Elisa

 Emanuela Lazzaro - 03/12/2023 22:14:00 [ leggi altri commenti di Emanuela Lazzaro » ]

è una poesia con una forte connotazione di attualità sia perchè si tratta di una fanciulla sia perché si parla della sua storia e delle sue (dis)abilità. E tu probabilmente vuoi mostrare proprie le abilità di una persona disabile, la sua forza e le sue fragilità. è un approccio che mi piace poichè vuoi dare una visione diversa, oltre che umana ma soprattutto vera e vicina al mondo che forse un po’ ti appartiene.

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